martedì 22 luglio 2008

La pittura nel cinema: La ricotta (1)

La ricotta, regia e sceneggiatura di Pier Paolo Pasolini (episodio dal film RoGoPaG del 1963) Con Orson Welles, Mario Cipriani, Laura Betti, Edmonda Aldini, Vittorio La Paglia, Maria Berbardini, Rossana Di Rocco Fra le comparse: Lamberto Maggiorani, Tomas Milian, Andrea Barbato, Giuliana Calandra, Adele Cambria, Elsa de' Giorgi, Gaio Fratini, Enzo Siciliano Coordinamento musicale: Carlo Rustichelli Fotografia: Tonino Delli Colli Costumi: Danilo Donati (35 minuti) Rating IMDb: 7.0
Solimano
Dietro lo strano nome di RoGoPaG c'è un film ad episodi voluto dal produttore Alfredo Bini e realizzato nel 1963 da quattro registi: Rossellini, Godard, Pasolini, Gregoretti: da cui RoGoPaG, appunto. L'episodio diretto da Pier Paolo Pasolini è memorabile per diversi motivi. In due post mi soffermo sull'aspetto pittorico, perché sono pochi i film in cui la pittura sia così presente non solo dal punto di vista visivo, ma direttamente nella storia narrata.
Un regista (Orson Welles, doppiato da Giorgio Bassani) sta realizzando un film sulla vita di Cristo. Il luogo in cui il film viene girato è una delle tante anonime periferie di Roma. Si tratta di girare la scena della Deposizione dalla Croce, ed il film, che era in bianco e nero, diventa a colori. Ecco com'è nel film La ricotta la scena della Deposizione.

L'opera pittorica da cui questa scena deriva è facilmente riconoscibile. Si tratta della Deposizione del Rosso Fiorentino, realizzata nel 1521 per la Cattedrale di Volterra ed oggi custodita nella Pinacoteca della stessa città. E' un capolavoro assoluto del primo manierismo, un olio su tavola di cm 375x196, quindi un quadro più alto che largo, di cui inserirò una immagine nella seconda parte del post. Qui si può già notare una geniale furbata di Pasolini: i due personaggi ai lati non ci sono nel quadro del Rosso, ma servivano per fare i conti con le dimensioni, visto che lo schermo cinematografico è più largo che alto. Ma ci stanno benissimo, questi due astanti che con noi -ma dentro al quadro- contemplano la Deposizione.
Chi ha visto anche solo una volta il quadro del Rosso Fiorentino si accorge della forte corrispondenza di quel quadro con la scene di Pasolini. Quindi c'è una grande fedeltà, ma le differenze esistono, e sono importanti. Prima di tutto questa scena del film La ricotta è tutt'altro che un tableau vivant.
Dura alcuni minuti, ed io ho messo alcune delle tante immagini diverse di questa scena, perché pochi secondi prima la scena aveva anche altri personaggi: gli aiutanti di Pasolini (pardon del regista-personaggio, Orson Welles!) che spostavano oggetti (le scale, la fruttiera etc) e che facevano assumere ad attori e comparse le posizioni e gli atteggiamenti che il regista voleva. Naturalmente, non in costume, ma con normali abiti di lavoro del 1963. Da questo punto di vista è più un tableau vivant la Deposizione del Caravaggio che Derek Jarman inserisce nel suo film, fatto quasi venticinque anni dopo di quello di Pasolini.
La differenza più importante è però un'altra e riguarda proprio il modo di vedere di Pasolini, che è piuttosto diverso da quello del Rosso Fiorentino. Nel film La ricotta i colori sono quasi colori puri, limpidi e squillanti. E' una tragedia, ma non una tragedia drammatica, piuttosto lirica ed elegiaca. Non si vuol dare l'impressione del movimento, di una azione in corso. E' più una meditazione che una azione. Nella tragedia c'è quasi il preannuncio che i nodi saranno risolti, che poi ci sarà la Resurrezione. Tutto ciò è evidente perché Pasolini fa come farà poi Jarman col suo Caravaggio: dopo averci mostrato tutta la scena, ci mostra i particolari, con sequenze di immagini diverse. Qui, ai due lati del post, ho scelto di mettere quattro immagini piccole delle teste dei personaggi e sotto metto immagini grandi dei gruppi. Però -ritengo sia il caso di ripeterlo- sono tutte immagini cliccabili, ed è importante che lo siano, perché si può uscire dall'ottima gabbia dei condizionamenti di Blogger.



Adesso guardiamo il quadro del Rosso Fiorentino, e naturalmente, essendo l'immagine molto lontana dal quadrato ideale che il Signor Blogger privilegia, mi conviene metterla qui a destra non tanto grande nel post ma ben visibile se la si espande col solito click (chissà se ci vuole la kappa, penso di no, ma a me piace più metterla).
Il paradosso, visto che parliamo di cinema, è che il Rosso è più cinematografico di Pasolini, nel senso che è più movimentato. Un movimento non fine a se stesso, come sarà in tanti manieristi che verranno dopo, ma un movimento drammatico, come drammatici sono i gesti ed i volti. Anche lo spazio lo è, scandito dalla croce, dalle scale, dai corpi, dalle vesti e soprattutto dall'intrecciarsi dei corpi.
E' evidente che qui, per il Rosso, conta molto di meno l'esempio del maestro Andrea del Sarto rispetto all'emozione derivante dai prodigi di Michelangelo. Ma rispetto al Tondo Doni di Michelangelo, che è pienamente classico, il quadro de Le figlie di Jetro del Rosso (di poco posteriore alla Deposizione di Volterra) è già anticlassico, il primo manierismo è incominciato. Non so se agli Uffizi il Tondo Doni e Le figlie di Jetro siano ancora nella stessa stanza, come erano anni fa e come penso che sia giusto, perché c'è ancora chi non capisce l'originalità del manierismo, soprattutto agli inizi.
Nel Rosso ci sono altri aspetti singolari.
Il luminismo, inteso quasi in senso manicheo, come lotta fra luce ed ombra che si contendono lo spazio.
L'intellettualismo, per cui non c'è colpo di pennello che non debba avere un significato suo, diverso dalla pennellata precedente.
Il grottesco, forse legato a quello che alcuni definivano come ateismo blasfemo, ma che forse era l'attenzione alla pittura tedesca, soprattutto a Durer. Inserisco qui sotto due dettagli dellla Deposizione di Volterra del Rosso.


Infine, il colore. Perché i manieristi sono molto diversi, ma in tutti c'è il gusto mille volte iterato dei colori cangianti, addirittura stridenti. Così è anche per i manieristi veneziani, questo gusto ci sarà ancora nei quadri del Veronese quarant'anni dopo, persino nei limpidi e felici affreschi di Masèr. Ma come farà Jarman con Caravaggio, benissimo fa Pasolini ad esprimere la propria personalità attraverso gli esempi del Rosso Fiorentino, magari per contrapposizione. Inserisco a chiusura del post un altro dettaglio della Deposizione del Rosso, che mi fa gioco proprio per mostrare il suo colorismo già del tutto anticlassico.
(continua)